Via ferrata delle Bocchette Centrali

Introduzione

La via delle Bocchette Centrali è considerata una delle vie più panoramiche di tutte le Dolomiti. Ne è prova la numerosità di turisti, specie stranieri che la affollano in tutti i periodi in cui è percorribile. L’intero gruppo di Brenta è un elogio alla bellezza dolomitica, che qui raggiunge una delle espressioni più alte in virtù della forma particolarmente slanciata delle sue guglie. La definizione che meglio la può descrivere è cattedrale delle Dolomiti. Impossibile infatti percorrendo i sentieri che portano all’interno del promontorio non pensare alle cattedrali gotiche. I toponimi Campanile e Torre qui si rincorrono e si sprecano ma descrivono esattamente la caratteristica del luogo.

La via delle Bocchette Centrali è stata realizzata tra il 1937 ed il 1957 e si compone di quattro tratte distinte dedicate ad altrettanti alpinisti tra cui Arturo Castelli ideatore della Via. E’ percorribile in entrambe le direzioni, ragione per cui nel periodo estivo spesso le comitive che viaggiano in direzioni opposte si “scontrano” nei punti più stretti. Avendola fatta in un solo verso non posso dire con certezza se sia questo il verso migliore oppure quello opposto, le recensioni riportano una lieve preferenza per il verso Nord-Sud, ovvero il contrario di quello che qui descrivo, per mi riservo di rifarla e dare un’opinione ragionata.

Ho scelto di dedicare il primo giorno all’avvicinamento e affrontare la ferrata dopo aver riposato in uno dei rifugi in quota. Volendo partire di buon mattino dal fondovalle è ugualmente possibile fare tutto in una sola giornata.


Avvicinamento

Madonna di Campiglio è tra le località dolomitiche più rinomate, e ben si merita la sua fama a motivo non solo della bellezza delle cime che la cingono ma anche per la qualità dell’offerta turistica. Dal centro di Madonna di Campiglio è possibile raggiungere il Rifugio Vallesinella, luogo di partenza dell’escursione in almeno tre modi: arrivando presto al mattino (prima delle otto) si può raggiungere direttamente in auto attraverso una stretta e sinuosa stradina, oppure si può lasciare l’auto al parcheggio Spinale e sfruttare il bus-navetta che sale (e scende) ogni 20 minuti oppure la si fa a piedi in circa un’ora (opzione eventuale per il ritorno, nel caso si perda l’ultimo bus delle 19:00).

Vallesinella è una splendida area attrezzata ma non conviene sostare qui se non il breve tempo necessario a sistemare zaini e scarponi perchè il bello è più avanti. Una rapida occhiata alla segnaletica e poi via.

Il primo tratto di sentiero si sviluppa all’ombra di alte conifere, salendo con decisione su comodi gradini artificiali che portano al successivo Rifugio Casinei in meno di un’ora. Questo rifugio è comodo ed accogliente ed il personale è gentile e preparato, una breve sosta è d’obbligo.

Tenendo la destra al bivio, inizio un sentiero che tagliando i fianchi della montagna sale verso il Rifugio Brentei, prossima tappa del viaggio, e primo approdo importante per i molti alpinisti che sono in cammino oggi. Si inizia a distinguere bene il profilo di Cima Tosa, imponente bastione roccioso che resterà sullo sfondo del sentiero ancora per molto. Nel giro di un paio d’ore si arriva in vista del Rifugio Brentei, splendidamente posizionato in un ampio vallone tra Cima Brenta e Cima Tosa e brulicante di turisti.

Anche qui breve tappa d’obbligo, l’interno è stato rinnovato di recente e si presenta molto luminoso e accogliente.

Lasciato in breve il Rifugio Brentei affronto l’ultimo pezzo di sentiero che sale alla Bocca di Brenta, tratto decisamente più impegnativo del precedente. Le temperature di quest’anno hanno completamente sciolto il nevaio che qui si incontrava di solito, lasciando scoperti sassi e rocce.

Si risale un canalone detritico dove è presente anche qualche tratto attrezzato ma la vera insidia è costituita dal fondo ghiaioso, dove, cercando di non scivolare si procede con fatica fino a giungere alla Bocca di Brenta a quota 2552 metri. Il toponimo locale per sella o forcella è appunto Bocca, e qui giunto ammiro ciò che apre al di là ovvero l’altipiano della Paganella e il Croz dell’Altissimo. Sono le 18:00 e mi avvio alla conclusione della prima giornata.

Abbiamo scelto di pernottare al Rifugio Pedrotti per la sua vicinanza alla Bocca e infatti da qui lo si raggiunge in circa 15 minuti di facile discesa. Ciò che mi ha impressionato di questo Rifugio è l’efficienza dello staff che lo gestisce, in grado di servire la cena in poco più di un’ora alle oltre cento persone presenti, oltretutto con un menu ricco e vario, considerando che siamo a 2.500 metri di quota senza strade di collegamento e avendo come unico trasporto una teleferica. Shocking!

La via ferrata

Sveglia alle 5:30, qualche foto di rito all’alba, colazione alle 6:30, risalita alla Bocca e partenza: sono sulla via alle 7:45 e incontro già diverse comitive in azione.

Per iniziare la via occorre affrontare una serie di staffe metalliche librandosi praticamente sul vuoto fino a raggiugere la cengia dove ha inizio il sentiero su roccia. Sarà questo tipo di cengia, larga poco più di un metro, scavata sui fianchi della montagna, esposta per la maggior parte del percorso, la cifra caratteristica di questa via. Risulta chiaro dalla conformazione della via l’intento di raggiungere il massimo effetto panoramico che ha animato i suoi ideatori.

Dopo circa mezz’ora di percorso, con poco dislivello da superare, si arriva in vista del Campanile Basso, un maestoso gigante verticale di pura roccia che si erge dai ghiaioni situati svariate centinaia di metri sotto di noi. La vista è grandiosa, e capisco che il termine campanile è stato usato in modo appropriato. Il Campanile è gremito di arrampicatori che ambiscono di raggiungerne la cima: chissà che vista da lassù.

Ci si deve infilare nella gola tra il Campanile Basso e Cima di Brenta Alta, e superando numerosi saliscendi aiutati da una serie di scalette si esce su un ampio vallone, lasciando a sinistra il Campanile. Ora il panorama cambia un po’, la vista spazia su una sequenza ininterrotta di cime e campanili e sulla destra si affaccia l’altipiano della Paganella. Facendo un po’ di attenzione si intravedono anche le azzurre acque del Lago di Molveno. Ora si comincia a salire di quota, è necessario raggiungere i 2749 metri della Bocca degli Armi mentre il Campanile Basso e Cima di Brenta Alta se ne vanno alle spalle.

Dopo circa un’ora raggiungo uno dei passaggi iconici di questa via: il ferro di cavallo, ovvero un passaggio su stretta cengia in cui i due tratti di sentiero, formando una stretta ansa si fronteggiano, separati solo da una profonda gola, sospesi a 500 metri di altezza. Siamo tra Cima dei Sfulmini e Torre di Brenta, immersi in un panorama di incredibile bellezza. Sarà difficile dimenticare tutto questo una volta scesi a valle.

Ora si svolta a sinistra, sempre procedendo su stretta cengia e rientrando all’interno del massiccio corpo di roccia della Torre di Brenta, per affrontare l’ultimo tratto che conduce alla Bocca degli Armi.

Per terminare la via è necessario discendere una crestina verticale mediante una serie di scalette che conducono al nevaio sottostante. Come accennato all’inizio, la via è percorribile in entrambe le direzioni, e questo è uno dei punti in cui il traffico può procedere solo in una direzione, creando qualche ingorgo nei periodi di maggior frequentazione.

Raggiunta Bocca degli Armi la via ferrata è terminata, rimane la discesa prima sul nevaio e successivamente sul ghiaione per raggiungere il Rifugio Alimonta, dove è possibile fare sosta e riprendere le forze per il ritorno a valle.

Conclusioni

La via delle Bocchette è giustamente famosa, e considerata una delle più belle vie dolomitiche per la maestosità dei panorami che consente di ammirare. Per affrontarla è necessario avere resistenza fisica e assenza di vertigine, ma non è richiesta particolare abilità tecnica: la sua accessibilità è la caratteristica chiave per la quale attira così tante persone, e questo era certamente nell’intento di chi l’ha costruita. Per questo motivo ancora i rifugi sono sempre gremiti, e i paesi del fondovalle pullulano di turisti. Un modello di turismo alpino comune alle aree dolomitiche, ma che qui risulta particolarmente riuscito.